Ranieri. Per la Roma basta la parola e non è un modo di dire. Il 24 novembre, a Napoli, Sir Claudio, insediatosi dieci giorni prima a Trigoria, debutta quale quarto allenatore del tormentato anno 2024. Perde di misura, ma non batte ciglio: sa troppo di calcio per non capire al volo che cosa debba fare per riportare a galla la squadra in apnea. Stasera, Ranieri rivede il Napoli, all’Olimpico, dove l’aria che tira sarà molto diversa. Tutto merito del ragazzo di 73 anni che sta facendo cose egregie con la sua Roma. Ed è la terza volta che la guida. Al suo ritorno, Claudio aveva ha trovato un gruppo in piena crisi d’identità e di risultati, risucchiato verso la zona bassa della classifica dai soli 13 punti totalizzati nelle prime 12 partite di campionato e indebolita dal rapporto lacerato fra la proprietà e la tifoseria, nonché fra la tifoseria e alcuni giocatori. Oggi, la Roma è nona in campionato (18 punti nelle ultime 10 giornate); è entrata nei quarti di Coppa Italia (il Milan l’aspetta a San Siro il 5 febbraio); affronterà il Porto nei playoff di Europa League per il passaggio agli ottavi di finale. Tutto questo non sarebbe stato possibile se a guidare la squadra non ci fosse stato il signore di Testaccio.
Dall’Aggiustatore al Rigeneratore
In Inghilterra lo chiamavano the Tinkerman, l’Aggiustatore; nella capitale è diventato il Rigeneratore, ricordando a scienziati ed esegeti del pallone che il calcio è un gioco semplice, molto più semplice di chi ne blatera con fumose dissertazioni e orripilanti attentati alla lingua italiana (catene di destra e sinistra, braccetti, terzo uomo, castello, quinti di destra e di sinistra, blocco basso e via cianciando). Ranieri no. Ranieri parla chiaro sempre; rispetta le caratteristiche dei giocatori; non piazza un centrocampista a fare il terzino e non chiede a un attaccante di fare il mediano; non fa confusione modificando tutte le volte la formazione, ma operando i cambi giusti nel momento giusto a partita in corso, come gli riuscì benissimo anche l’anno scorso a Cagliari, guadagnando una memorabile salvezza. Ranieri non discetta di costruzione dal basso, vuole che il portiere faccia il portiere; se ha a disposizione un campione del mondo argentino di classe purissima, lo lascia libero di giocare come si conviene a un campione del mondo; se nei suoi ranghi allinea un veterano tedesco ex campione del mondo, lo manda in campo sempre perché, quando Ranieri non allenava la Roma, non si capacitava della sua sistematica esclusione. “Se la Roma chiama, io dico sì”. Benedetto quel giorno che l’ha detto.
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